Commercio, Covid e restrizioni: l'agonia dello shopping
Ad Imagine - Il Mondo Che Vorrei cerchiamo sempre di poter approfondire tematiche socialmente rilevanti che riguardano la nostra società. Anche oggi, sabato 27 marzo 2021 abbiamo cercato di scrutare a fondo una questione molto attuale, la grande crisi economica causata dalla pandemia covid 19 e la relativa chiusura di varie attività commerciali sul territorio campano e nazionale.
Ospite del nostro salotto, fortemente stimato dal sottoscritto, è stato Francesco Bellofatto, giornalista e docente dell’Università Suor Orsola di Benincasa di Napoli.
L’emergenza legata alla pandemia di Covid-19 ha un impatto devastante su molti ambiti della vita quotidiana, a partire dalla salute dei cittadini e dall’aumento della mortalità. Anche a livello economico e sociale gli effetti sono stati inimmaginabili: le misure di prevenzione del contagio hanno messo in seria difficoltà interi settori come il turismo, la ristorazione, i trasporti, l’industria dello spettacolo.
Tutti noi ricorderemo la serata del 9 marzo 2020, momento in cui l’ex premier Conte annunciava un vero lockdown ( termine quasi sconosciuto fino a quel momento ) sul territorio nazionale per contrastare il diffondersi del virus covid 19.
La crisi economica provocata dalla pandemia di Coronavirus ha avuto un enorme impatto sulle imprese. Secondo analisi Istat, circa il 40% delle imprese italiane, più di una su tre, ha seri rischi di sopravvivenza e potrebbe chiudere l’attività entro l’anno.
Ma quali sono i fattori che stanno provocando il pericolo di chiusura attività? I motivi principali sono tre:
l’elevata caduta di fatturato;
i vincoli di liquidità: soffrono di questa carenza di disponibilità immediata di denaro per far fronte alle esigenze il 62,6% delle unità a rischio chiusura;
la contrazione della domanda, lamentata dal 54,4% degli operatori, nonostante la fine del lockdown e l’avvio della Fase 3 che non ha garantito la ripresa dei consumi e dunque la ripartenza.
Un altro dato allarmante che emerge, è che un punto vendita su tre non ha ancora riaperto a seguito del lockdown e di questi quasi la metà dichiara di aver definitivamente cessato l’attività. “È troppo costoso tenere aperto con le attuali nuove regole”, ha risposto il 14% degli intervistati. Con l’avvento della pandemia un po’ tutti i settori della nostra vita si sono spostati sul digitale, questo è un dato innegabile, e ciò è successo anche per il settore del commercio. Tanti consumatori hanno pensato di acquistare online prodotti che prima avevano comprato sempre in negozio. Un’evoluzione si del mercato online se guardiamo al futuro, ma un lento declino del mercato fisico mi viene da pensare.
Lungi da me dal fare critiche ( chi è senza peccato scagli la prima pietra, anch’io acquisto spesso online ) ma, da vecchio tradizionalista, amo di più acquistare in un negozio fisico e, quando penso a tanti negozi che muoiono ogni giorno di più mentre crescono giganti del settore online, non posso fare altro che innervosirmi. In tanti mi dicono “la società si deve evolvere, i consumi online fanno parte del futuro”! Si, è vero, ma come si fa a digitalizzare magari una vecchia bottega artigianale o un modesto commerciante magari di una certa età per far entrare nella sua bottega anche un ecommerce?
Altro punto di cui abbiamo parlato è quello dell'Italia a colori: giallo, arancione, rosso… e in ultimo bianco. No, non è l’arcobaleno, ma le fasce in cui viene divisa la nostra Penisola in base ai dati dell’ISS sull’indice di contagio… Decisioni che mettono in ginocchio ancor di più il settore del commercio. Si, perchè già causa pandemia ci sono state varie restrizioni, ma queste pesano ancor di più quando, per esempio, si passa improvvisamente da una zona gialla a quella rossa. Pensiamo ad esempio i ristoratori: magari acquistano materie prime per prepararsi al weekend spendendo anche parecchio e poi sono costretti a chiudere buttando all’aria soldi e cibo. O gli stessi negozi di abbigliamento che magari acquistano merce che resta invenduta. E proprio su questo punto prendo in considerazione una protesta fatta a novembre a Napoli da alcuni negozianti: in segno di protesta, alcuni esercizi hanno esposto dei manichini con volti scheletrici, lenzuola da fantasma e cartelli con l'hashtag #invisibili. Tra gli slogan, “abbattere i costi dei contributi per il personale”, oppure “siamo aperti, ma è come se fossimo chiusi…senza clienti”. E ancora, “Il 50 per cento delle attività è a rischio chiusura”, “I magazzini sono pieni di merce da pagare”. "Azzeramento dell'Iva sulle utenze”.
Nel momento in cui funzionerà, solo il vaccino potrà ripristinare la fiducia nei comportamenti delle persone, che è andata completamente persa. Il clima che stiamo vivendo è estremamente poco socializzante e questo non aiuta, credo, né al ripristino della realtà com’era prima nè allo stesso commercio ( in pochi si fideranno ad uscire per acquistare ciò che prima facevano abitualmente nei negozi fisici e a compiere gesti normalissimi quali organizzarsi per cenare al ristorante ).
Riflettevo su chi pagherà di più il prezzo dell’effetto pandemia covid… Mi viene da pensare in linea generale tutti, chi più chi meno. Ma penso ai giovani, a coloro che magari si sono adoperati per costruire il proprio sogno di vita creando imprese, negozi, ristoranti, sia a causa degli effetti economici che produce, sia, soprattutto a causa delle scelte politiche di chi governa l’emergenza. Il debito pubblico salirà a livelli senza precedenti dall’ultimo dopoguerra.
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