Sottomissione emotiva e dipendenza affettiva: quando l'amore diventa ossessione
Indagine sociale particolare quella che oggi abbiamo affrontato ad Imagine - Il Mondo Che Vorrei: la dipendenza affettiva, un fenomeno che sembrava scomparso già da parecchi anni ma che, ahimè, continua a far parlare di se. Il titolo che ho voluto dare alla puntata di oggi è proprio Sottomissione emotiva e dipendenza affettiva: quando l'amore diventa ossessione. Si, proprio così, ed ho voluto prendere come esempio il caso di Melania Rea e la sua storia con Salvatore Parolisi, un caso che ormai tutti conosciamo e di cui abbiamo parlato grazie al supporto del nostro ospite, Marino D’Amore, noto sociologo e criminologo del nostro panorama nazionale.
Tutte le forme di dipendenza hanno qualcosa in comune.
Nelle prime fasi dell’innamoramento, le persone hanno sintomi molto simili alle dipendenze tra cui euforia, astinenza, tolleranza, dipendenza fisica e psicologica, ricaduta. L’amore, dunque, potrebbe essere paragonato a una sostanza d’abuso, e da entrambi è possibile sviluppare una dipendenza; allo stesso tempo, portare a termine una relazione può provocare ansia e depressione. Le risposte emotive, in tutti e due i casi, si legano strettamente alle reazioni fisiche, creando una potente spinta verso l’instaurare o il mantenere una relazione affettiva. Nel momento in cui si entra nel tunnel cieco della dipendenza affettiva, lentamente lavoro, amici e vita familiare perdono di importanza. Come un affamato d’amore, il partner con dipendenza affettiva spesso si accontenta delle briciole e in alcune circostanze giustifica perfino i comportamenti violenti dell’altro pur di rimanere nella relazione.
L’amato diviene essenziale nella quotidianità e nella routine: ogni passo è svolto in funzione della coppia. La possibilità di essere abbandonato o sostituito dal proprio compagno, infatti, rappresenta uno scenario talmente tanto doloroso da dover essere scongiurato a tutti i costi.
Questo scenario avviene spesso però non solo per la donna, ma anche per l’uomo! E spesso l’uomo si ritrova accecato dalla sua stessa relazione, non riesce a mantenere una sorta di self control nel momento in cui ad esempio la propria partner decide di troncare il rapporto. Ed ecco che entra in scena il fenomeno dello stalkeraggio, dove per Stalking si intende un insieme di comportamenti ripetuti di sorveglianza, di controllo, di ricerca di contatto e comunicazione nei confronti di una vittima che risulta infastidita e/o preoccupata.
Una prima tipologia di molestatore insistente è stata definita “il risentito”. Il suo comportamento è sospinto dal desiderio di vendicarsi di un danno o di un torto che ritiene di aver subito ed è quindi alimentato dalla ricerca di vendetta. Si tratta di una categoria piuttosto pericolosa perché il risentimento fa considerare giustificati i propri comportamenti.
La seconda tipologia di stalker è stata denominata “il bisognoso d’affetto” , una tipologia che è motivata dalla ricerca di una relazione e di attenzioni che possono riguardare l’amicizia o l’amore. La vittima in genere viene considerata vicina al “partner o amico/a ideale”, una persona che si ritiene possa aiutare, attraverso la relazione desiderata, a risolvere la propria mancanza di amore o affetto. Spesso il rifiuto dell’altro viene negato e reinterpretato sviluppando la convinzione che egli abbia bisogno di sbloccarsi e superare qualche difficoltà psicologica o concreta. L’idea di un rifiuto, vissuto come un’intollerabile attacco all’Io, viene respinta con grande energia e strutturando un’alta difesa basata sull’allontanamento della percezione reale dell’altro, delle sue reazioni e della relazione reale che viene sostituita da quella immaginaria.
Una terza tipologia di persecutore è quella definita “il corteggiatore incompetente” , che tiene un comportamento alimentato dalla sua scarsa o inesistente competenza relazionale che si traduce in comportamenti opprimenti, espliciti e, quando non riesce a raggiungere i risultati sperati, anche aggressivi e villani. Questo tipo di molestatore è generalmente meno resistente nel tempo nel perseguire la persecuzione della stessa vittima, ma tende a riproporre i propri schemi comportamentali cambiando persona da molestare.
Esiste poi “il respinto”, un persecutore che diventa tale in reazione ad un rifiuto. È in genere un ex che mira a ristabilire la relazione oppure a vendicarsi per l’abbandono. Spesso oscilla tra i due desideri, manifestando comportamenti estremamente duraturi nel tempo che non si lasciano intimorire dalle reazioni negative manifestate dalla vittima: la persecuzione infatti rappresenta comunque una forma di relazione che rassicura rispetto alla perdita totale, percepita come intollerabile. Nella psicologia di questo tipo di “inseguitore assillante” gioca un ruolo cruciale il modello di attaccamento sviluppato che è una delle forme di tipo insicuro, in grado di scatenare angosce legate all’abbandono che creano una tendenza interiore, più o meno consapevole, a considerare l’assenza dell’altro come una minaccia di annientamento e di annullamento del Sé.
Infine, è stata descritta una categoria di stalker definita “il predatore” e costituita da un molestatore che ambisce ad avere rapporti sessuali con una vittima che può essere pedinata, inseguita e spaventata. La paura, infatti, eccita questo tipo di stalker che prova un senso di potere nell’organizzare l’assalto. Questo genere di stalking può colpire anche bambini e può essere agito anche da persone con disturbi nella sfera sessuale, quali pedofili o feticisti.
Le persone sottomesse cercano spesso protezione e sicurezza. Chi le domina, invece, ha paura dell’abbandono, della separazione, e a volte nasconde il desiderio di essere sottomesso a sua volta.
In generale, si dice che gli uomini siano dominatori e le donne sottomesse. Tutto dipende dal proprio vissuto, dal proprio profilo psicologico e dalle dinamiche che si instaurano all’interno della coppia.
La sottomissione emotiva genera una sorta di “amore malato”, inutile negarlo, e spesso un amore infelice può portare anche all’omicidio, come nel caso di Melania Rea. Melania, donna che oserei definire simbolo di un amore quasi a ‘mo di venerazione nei confronti del marito, dedita solamente a lui e all’amore in cui credeva ciecamente. Innamorata forse dell’idea dell’amore e della vita come quella della “famiglia del mulino bianco” ma uccisa con ben 35 coltellate proprio da colui che credeva essere la sua spalla su cui poggiarsi per sempre, un porto sicuro che poteva proteggerla dalla cattiveria del mondo esterno. Lui oggi lavora da centralinista nel carcere di Bollate, dove è ristretto. Nel frattempo ha maturato il diritto di lasciare il carcere per motivi di lavoro o studio. L’ex caporalmaggiore, infatti, è iscritto alla facoltà di giurisprudenza e potrà lasciare il penitenziario, come prevede la legge, per periodi variabili da un’ora a 15 giorni consecutivi, per un massimo di 45 giorni l’anno. Salvatore all’epoca dei fatti ha una bella moglie, ma non disdegna altre avventure. Ovviamente, come tutti i mariti fedifraghi, è un bugiardo: mente alla moglie ma mente anche all’amante. Non lascerebbe mai la prima ma vorrebbe tanto mettersi con la seconda. Magari vive tutto questo con ansia e stress ma lo appagano il sesso e la passione del momento.
In conclusione non posso che potermi concedere una mia riflessione: il non posso vivere senza di lui/lei è una gigantesca zavorra mentale che ha poco a che fare con il romanticismo di certi film, è un’affermazione che deve essere scrutata a fondo, passata a scanner quasi perché nasconde in realtà un grido interiore molto profondo! Un consiglio tra i tanti che posso dare a chi si ritrova immerso in questo stato di cose è quello di avere fiducia in se stessi ed iniziare ad amare proprio in primis se stessi, altrimenti non si riuscirà mai ad amare nessuno! L’amare se stessi deve diventare uno stile di vita, un mondo felice è fatto da persone felici, il mondo ci chiede di essere felici con lui, non di sacrificarci per lui!
Commenti
Posta un commento