Maradona e il suo mito: la scultura del D10S di Dario Caruso


 El pibe de oro, la mano de D10S, al secolo Diego Armando Maradona

Una puntata particolare quella che ho proposto oggi ad Imagine - Il Mondo Che Vorrei, una puntata praticamente dettata dal cuore, dalla passione.

Diego Armando Maradona, il più grande calciatore di tutti i tempi, una vita fatta di lampi di genio ed eccessi, uomo bizzarro dal triste passato di povertà all'improvviso eccesso di denaro, donne e droga.  Da poco più di un anno ormai impazzano gossip e cattiverie circa la sua morte prematura, avvenuta per arresto cardiaco, e anche critiche sul suo stile di vita. Personalmente sono abituato a guardare Oltre, e in questo caso voglio parlare dell’idolo Maradona, non a criticare l’uomo Maradona, anche perchè, come disse qualche anno fa una certa persona… Chi è senza peccato sia il primo a scagliare la pietra. Il suo calcio fatto di una rapidità di pensiero straordinaria, di una tecnica meravigliosa e di un talento che forse mai nessuno è riuscito a raggiungere gli hanno permesso di farsi sempre perdonare, perché Diego era Diego, e soprattutto perché Diego ti faceva vincere, spesso senza aver bisogno della squadra e dei compagni. Alle sue gigantesche doti tecniche, va aggiunta anche un’enorme generosità caratteriale, di spirito e di animo, una qualità che lo ha fatto diventare un idolo trasversale e globale per molti, moltissimi, appassionati sportivi e tifosi calcistici. Quando “El Pibe de Oro” toccava il pallone era pura poesia, magia, goduria per gli occhi di chi ha avuto la fortuna di ammirare le sue gesta in campo. Napoli lo ha da sempre considerato il suo idolo, il suo Dio, la sua leggenda. Le vie della città profumano di caffè, pizza e Maradona. Insomma, Maradona è arte vera e propria, ma di questo ne parleremo ampiamente anche dopo. La sua maglia è stata la numero 10 e ogni volta che questo numero viene citato, non si può far altro che accostarlo a lui, al Dio del calcio. Il racconto de “El Pibe de Oro” viene tramandato di generazione in generazione e così, grazie ai nonni, ai padri, agli zii e con l’ausilio dei video delle sue giocate, anche i giovani di oggi sono letteralmente innamorati di lui. Con la sua morte, tutti hanno perso parte del loro sé, perché tutti si immedesimavano e si rivedevano in quel ragazzo un po’ “scugnizzo“.

Parlavamo prima di sregolatezza, eccessi… Ebbene si, il successo, la fama, ma anche l’ingenuità, lo hanno portato al tunnel della droga, e quando finalmente riuscì a disintossicarsi, passò all’alcool. “Ha sostituito la droga con l’alcol“, aveva ammesso il suo ex medico personale Alfredo Cahe. C’era chi parlava di balletti euforici alternati a stati depressivi e alla fine, 60 anni di eccessi di ogni tipo hanno presentato il conto, un conto che si è rivelato essere salatissimo.

Ho sempre pensato che forse l’improvviso troppo successo e i troppi soldi per chi viene dalla nera povertà è un male piuttosto che un bene… E voi che state leggendo quest’articolo che ne pensate?

Inutile sottolineare che Napoli è non solo quello che ultimamente viene descritto in forma negativa da tg o serie tv ( camorra e delinquenza ) ma è arte allo stato puro, è un mix perfetto tra sacro e profano, e Maradona è stato ed è tuttora uno dei personaggi simbolo della città e del suo popolo, diventato oggetto di culto, tradizione e arte! L’arte illumina il mondo ed ispira altra arte. Nel calcio questo fenomeno si è sublimato soprattutto con Diego Armando Maradona. Sono tanti i campioni che hanno ispirato biografie e letteratura varia in giro per il mondo ma nessuno come Diego ha ispirato anche molto altro.

Ad esempio, passeggiando per i vicoli tipici della città partenopea si possono vedere tutt’oggi, a distanza di tanti anni, statue ed altarini dedicati proprio a lui, il Dio del calcio. Napoli è così, un perfetto mix tra sacro e profano, e a tal proposito è giusto citare un famoso altarino creato ad hoc per lui a piazzatta Nilo, lì dove si trova il famoso capello di Maradona, un culto particolare ma genuino, e proprio a pochi passi dal Duomo dove è custodito il miracoloso sangue di San Gennaro, patrono della città. Una reliquia da scomunica quasi, eppure oggetto di culto e ammirazione, ideata dal titolare di un noto bar di quella piazza nel 1990. Icone, dipinti ma anche murales, come quello stupendo di Jorit fra San Giovanni e Barra o, per restare ancora a Napoli, quello storico ai Quartieri Spagnoli restaurato di recente, con il volto disegnato sulla finestra. E poi libri che raccontano il fenomeno Maradona ben oltre il terreno di gioco, e film, alcuni indimenticabili come La Mano de Dios di Marco Risi, il recente documentario di Asif Kapadia, o quello di Kusturica del 2008. Per non parlare della musica: oltre al coro oh mamma mamma, forse il coro da stadio più famoso al mondo, di lui hanno cantato Bennato, Pino Daniele col Tango della Buena Suerte, i Ratones, Manu Chao. La sua magia, i suoi palleggi e la sua follia hanno incantato tutti, diventando addirittura un “protagonista” indiretto di alcune battute di un noto film di Luciano De Crescenzo, Così parlò Bellavista, tipo “San Gennà, non ti crucciare, tu lo sai ti voglio bene. Ma 'na finta e Maradona squaglia o' sanghe dint 'e vene.”


E parliamo ora dello stadio di Napoli, l’ex San Paolo, attualmente rinominato proprio Stadio Maradona: è stato il teatro dei suoi migliori anni calcistici. Lì ci mise piede per la prima volta il 5 luglio 1984, giorno della sua presentazione al pubblico di Napoli. Nell'impianto di Fuorigrotta Maradona ci ha vinto due scudetti, ci ha giocato la finale di andata della storica Coppa Uefa 1989 e ha conquistato con l'Argentina la finale mondiale nel 1990. Appena giunta in città la notizia della sua morte, una folla spontanea di tifosi si è subito riversata all'esterno di quello che fu il suo tempio, lasciando un ricordo. Pochi giorni dopo, il 4 dicembre 2020, il Comune di Napoli ha deliberato l'intitolazione dello stadio a Diego Armando Maradona. Anche la stazione della Cumana, a pochi passi dall'ex San Paolo, ha preso il nome di Stazione Mostra-Maradona… Parlando dello stadio non posso non far riferimento ad una delle 2 statue che da poche settimane si trova proprio lì, negli spogliatoi, opera proprio di Dario Caruso: commissionata da Stefano Ceci, creata in appena un mese e che ha conquistato il cuore di 35 mila tifosi napoletani facendo sfilare la statua intorno al campo lo scorso 28 novembre 2021 durante la partita Napoli Lazio finita 4 – 0. Diego indossa la sua numero 10. In petto c'è lo scudetto e il fregio della Coppa Italia. È la maglia risalente alla stagione 1987-88, quello del secondo tricolore sfumato dopo la bruciante sconfitta con il Milan a Fuorigrotta l'1 maggio 1988. Il piede sinistro e la famosa mano de Dios sono proprio quelli del Diez, realizzati nel 2018 tramite una scansione in 3D. Entrambi sono stati impreziositi con una foglia d'oro.

Vorrei infine poter dedicare un ultimo pensiero a colui che è stato e sarà un mito per me e per tantissime persone, a Napoli e nel mondo intero: Maradona ci ha insegnato a sognare, a sentirci uniti, ha rappresentato un sogno per le vecchie e nuove generazioni, come una bella donna, il nostro sogno erotico e proibito che improvvisamente si avvicina a noi e ci bacia. Un uomo che è sempre stato dalla parte dei deboli, contro i potenti arroganti e violenti, il ragazzo povero di periferia che, a modo suo, non aveva mai sbiadito la sua consapevolezza e sensibilità sulle cose del mondo, sulla sofferenza degli oppressi.


Guarda qui la puntata


Ascolta il podcast


Commenti

Post popolari in questo blog

Social sì, ma consapevole. Nasce Sblind, il social che guarda Oltre

"Life is better after divorce", il portale per aiutare a rinascere dopo un divorzio

Estate 2024: sole, mare e relax, un privilegio per pochi